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Carta sociale europea: ancora violazioni dall’Italia

Misure per combattere le povertà e l’esclusione sociale inadeguate e non coordinate, eccessivo il requisito di 10 anni per avere l’assegno sociale, troppo basso l’importo della pensione di anzianità e mancanza di assistenza per garantire i diritti fondamentali minimi .

Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa nelle sue conclusioni presentate il 23 gennaio 2018 sull’attuazione da parte dell’Italia della Carta sociale europea ha verificato il mancato rispetto nel periodo 1 gennaio 2012 – 31 dicembre 2015 di diverse norme, tra cui in particolare, quelle attinenti il diritto alla salute, la sicurezza sociale e la protezione sociale .

Sotto esame i diritti fondamentali dei cittadini ad avere condizioni di lavoro sicure e non nocive (articolo 3), la tutela della salute (art.11), la sicurezza sociale (art.12), l’ assistenza sanitaria e sociale (art.13), servizi di welfare (art.14), protezione degli anziani (art.23), difesa dalla povertà e dall’esclusione sociale (art.30).

Su 19 situazioni esaminate, solo 6 sono risultate conformi alle previsioni della Carta, 7 sono risultate non conformi, mentre per le restanti 6  è stato richiesto all’Italia maggiori informazioni per comprendere se vi sono violazioni o meno .

In particolare l’Italia non rispetta l’articolo 12.4 della Carta che riguarda il diritto alla parità di trattamento in tema di sicurezza sociale per le persone che si spostano da uno Stato all’altro  per il rilascio dell’assegno sociale previsto dalla Legge 335/1995 ai cittadini stranieri in Italia viene richiesta una residenza di almeno 10 anni, requisito eccessivo a parere del Comitato, e non conforme alla previsione della Carta.

Sempre in tema di sicurezza sociale, il Comitato ricorda che l’Italia deve garantire i diritti sulla base del principio di parità di trattamento ai residenti nel proprio territorio se cittadini di Stati che hanno firmato la Carta. In tal senso esso rileva che l’Italia deve ancora adottare  accordi bilaterali con diversi Paesi non appartenenti all’Unione europea ma firmatari della Carta come Andorra, Albania, Georgia, Federazione Russa, Armenia, Azerbaijan. Gli stessi diritti e parità di trattamento devono essere assicurati ai cittadini apolidi e ai rifugiati.

Inoltre il Comitato ha rilevato che l’Italia sta violando anche l’articolo 13, paragrafo 1 della Carta: esso prevede che  le persone che si trovano in una situazione irregolare devono vedere soddisfatto il loro diritto al soddisfacimento delle necessità materiali fondamentali (cibo, vestiario, riparo) in situazioni di emergenza per far fronte a uno stato di bisogno urgente e serio. E’ compito degli Stati assicurare che questo diritto sia reso effettivo anche nella pratica (Federazione europea delle organizzazioni nazionali che lavorano con i senzatetto (FEANTSA) v. Paesi Bassi, reclamo n. 86/2012, decisione sul merito del 2 luglio 2014 , §187).

Il Comitato afferma nel Rapporto sull’Italia che non può accettare l’interruzione della fornitura di tale assistenza di emergenza di base a persone in una situazione estremamente precaria. Si chiede che “anche nel quadro dell’attuale politica migratoria, i mezzi meno onerosi, ossia fornire l’assistenza di emergenza necessaria mentre si mantengono le altre restrizioni relative alla posizione dei migranti in una situazione irregolare, restino a disposizione del governo con riguardo al trattamento di emergenza fornito a tali individui, che hanno oltrepassato il loro diritto legale di rimanere nel paese (reclamo n. 90/2013, Conferenza delle Chiese europee (CEC) v. Paesi Bassi, decisione sul merito del 1o luglio 2014, §123)”.

Il Comitato chiede alla prossima relazione di fornire informazioni aggiornate su come questi requisiti sono soddisfatti per legge e nella pratica.

Fonte:

https://www.asgi.it/notizie/carta-sociale-europea-violazioni-italia/

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