situazione preoccupante anche in Europa secondo il rapporto annuale della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti
Il Rapporto https://www.coe.int/en/web/media-freedom/annual-report-2021 evidenzia attacchi, violenze, intimidazioni, uso abusivo della diffamazione che limita fortemente il diritto dei giornalisti ad informare, con un deterioramento della libertà dei media e effetti negativi sulle libertà democratiche. 201 i casi di gravi minacce alla libertà di stampa verificatisi nel 2020 nei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, con un incremento del 40% rispetto al 2019; in aumento anche le segnalazioni per attacchi fisici (52 casi) e vessazioni o intimidazioni (70 casi). Il numero maggiore di minacce all’integrità fisica dei giornalisti si registra in Russia e, a seguire, in Italia e Regno Unito. Per quanto concerne l’Italia, si evidenzia il fallimento della riforma delle regole sulla diffamazione. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 132 del 9 giugno 2020, aveva dato un anno di tempo al Parlamento per introdurre modifiche nel sistema italiano, che continua a prevedere il carcere per i giornalisti e sanzioni pecuniarie sproporzionate, e allinearlo al quadro normativo interno alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. In prossimità dello scadere del termine (22 giugno 2021), si è arrivati solo alla presentazione di disegni di legge non seguiti dall’approvazione delle Camere
Infine nel rapporto viene evidenziato come conseguentemente alle misure adottate da numerosi governi per fronteggiare la pandemia da Covid-19, le autorità nazionali abbiano sospeso il diritto di accesso alle informazioni impedendo lo svolgimento dell’attività giornalistica e l’accesso a dati per verificare il corretto operato delle autorità pubbliche durante la pandemia. Anche il Governo italiano ha disposto, sotto la presidenza di Giuseppe Conte, con il decreto legge “Cura Italia” del 17 marzo 2020, una sospensione nelle risposte di accesso documentale (legge 241/1990) e sull’accesso civico e generalizzato (Dlgs 33/2013), senza fissare un limite temporale. Analoghe decisioni sono state prese da Spagna e Slovenia; altri Paesi come Bulgaria, Serbia e Romania hanno raddoppiato i tempi di risposta delle pubbliche amministrazioni. Di contro, il Governo scozzese ha bloccato il tentativo del Governo di triplicare il termine di risposta rispetto ai 20 giorni previsti.